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Le camere separate possono migliorare il rapporto di coppia?

Moltissime coppie di lunga durata, arrivate a un certo punto scelgono di dormire in letti separati o addirittura in camere separate.

Quello che può sembrare un allontanamento oppure un rifiuto dell’intimità può essere, in realtà, un modo per riconquistarla e per salvaguardare il proprio riposo. Ne abbiamo parlato con la sessuologa Roberta Rossi.

Molti pensano che una coppia che decide di dormire in camere separate abbia un problema. Il letto coniugale, il talamo nuziale, è quello che simbolicamente meglio rappresenta l’unione dei partner e ledere o evadere da questa convenzione è – nella convinzione di molti – un rivoluzionario atto di protesta nei confronti del partner.

L’esperienza raccontata, però, da molte coppie (specialmente) di lunga durata, sembra suggerire una storia differente. Per questo abbiamo pensato di indagare l’argomento cercando conferme o smentite dalla scienza.

Prima di tutto perché ci si è parato davanti il risultato di un’indagine, condotta dall’Università del Surrey (Inghilterra) che ha rilevato che dormendo nello stesso letto, si hanno il 50% dei problemi di sonno in più rispetto al dormire da soli.

Questo perché, durante la notte, ognuno ha i suoi “vizi”: c’è chi russa, chi scalcia, chi si muove molto, chi parla, chi si alza spesso per andare in bagno, chi legge fino a tardi tenendo l’abat-jour accesa, chi si appisola solo con la Tv. E alzi la mano chi non si è mai lamentato con il partner per uno di questi motivi.

Dunque dormire in letti separati, o addirittura in camere separate, può essere un’opzione percorribile, specialmente se uno dei due partner lamenta disturbi del sonno che partono da attività dell’altro.

Lo conferma anche il dottor Neil Stanley dell’Accademia Americana della Medicina del Sonno.

Negli USA, bisogna dire, che è un’abitudine consolidata. Anzi, oramai gli architetti progettano case con due camere matrimoniali proprio per dare la possibilità di gestire anche la logistica di questa scelta che può rivelarsi importante per garantire innanzitutto il giusto riposo.

Ma nel nostro tradizionale Paese, cosa accade?

“Dormire in camere separate è una dimensione diffusissima – dice la dottoressa Roberta Rossi, psicoterapeuta e sessuologa presso l’Istituto di Sessuologia Clinica di Roma – e specialmente in coppie di lunga durata molti scelgono di ricavarsi uno spazio personale per dormire.

Non abbiamo dati scientifici sul numero delle coppie che scelgono questa opzione, tuttavia la nostra esperienza clinica ci suggerisce che questa opzione non è rara come si pensa”.

“Il fatto di dormire in camere separate è relegato al solo momento del sonno. Il letto coniugale viene normalmente condiviso, la coppia vive normalmente i suoi momenti intimi, di coccole, di condivisione, ma poi per il riposo, si ritira in una dimensione più privata nella quale sia possibile gestire in libertà le proprie abitudini”.

“Per esperienza clinica posso testimoniare che molte coppie di lunga durata trovano questa situazione addirittura più intrigante – continua la dottoressa Rossi – perché nel momento in cui il partner non c’è accanto, se abbiamo voglia o sentiamo il desiderio di un momento di intimità, dobbiamo andarcelo a cercare.

Dobbiamo andare fisicamente a compiere un’azione visibile e decisa: recarci fisicamente in un’altra stanza dal nostro compagno o compagna.

Quest’atteggiamento proattivo, nei confronti dell’intimità, del desiderio, della libido, è molto importante per la coppia e per la comunicazione, giacché rende davvero esplicita una richiesta di prossimità fisica”.

Alzandoti dal tuo letto, dunque, e recandoti nell’altra stanza è come se dichiarassi apertamente al partner: “ho voglia di stare con te. Ti voglio vicino”.

Questo può non essere così scontato nella normalità della gestione della camera matrimoniale, perché il partner è sempre là e per raggiungerlo basta tendere una mano, un gesto di gran lunga meno evidente, plateale e chiaro di quello che ti fa alzare e cambiare stanza.

“In realtà sono le stesse dinamiche di desiderio e ricerca dell’altro che si sviluppano quando si dorme insieme – aggiunge Rossi – ma è tutto molto, molto più esplicito. Questo può essere assai stimolante anche per la vita intima”.

“Beh, diciamo che se la coppia ha già deciso, in modo più o meno esplicito, di metterci una pietra sopra, il fatto di iniziare a dormire in camere separate può anche essere la ratifica della fine della sessualità”, chiarisce la sessuologa.

“Tuttavia a volte consigliamo di pensare a cambiare una situazione consolidata come quella della unica camera matrimoniale, quando ci sono questioni legate al riposo notturno disturbato, che causano discussioni, a volte litigi, e che possono diventare persino l’origine di una crisi di coppia”.

Come dire? Dormire in camere separate può non riaccendere il desiderio, ma può salvare una coppia.

“Naturalmente non bisogna pensare che il solo fatto di dormire in camere separate possa garantire automaticamente che l’altro acconsenta al fatto di passare qualche ora insieme. Da questo punto di vista non cambia niente: è possibile che l’altro sia pronto ad accogliere la nostra richiesta di intimità o che l’altro non voglia.

L’importante è non cadere nel circolo vizioso della ripicca (che accade anche quando si dorme nello stesso letto), quello che porta a dire a qualcuno: siccome sono venuto da te e tu mi hai rifiutato, allora non vengo più.

Questo atteggiamento, per quanto possa sembrare infantile riassunto in questo modo, è una realtà in molte situazioni. Bisogna essere consapevoli che l’altro può accettare o rifiutare e non bisogna aspettarsi nulla”.

La scelta più saggia è dunque sentirsi liberi di manifestare le proprie voglie e i propri desideri, senza temere il feedback.

Dunque questo fatto strano di scegliere di passare la notte da soli nel letto, con il partner nella stanza accanto potrebbe essere un’ottima soluzione quando ci sono dei problemi nella gestione del sonno.

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